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Leonardo torna a volare

L’aquila reale (Aquila chrysaetos) simobo del Friuli Venezia Giulia e dell’Ateneo Friulano è inoltre una delle specie più iconiche della fauna europea e mondiale. Tuttavia, la sua sopravvivenza è minacciata da numerose pressioni ambientali e antropiche.

Nell’arco alpino, benché la popolazione sia rimasta relativamente stabile negli ultimi decenni, la specie continua a essere considerata a rischio di contrazione numerica.

Tra le principali cause di questa condizione si annoverano l’abbandono delle pratiche agricole tradizionali, che ha favorito la riforestazione a scapito dei pascoli alpini aperti, habitat essenziali per la caccia dell’aquila. Inoltre, infrastrutture come impianti sciistici, parchi eolici e un turismo non regolamentato disturbano gravemente i siti di nidificazione. A ciò si aggiungono problematiche come l’avvelenamento da piombo e i cambiamenti climatici, che alterano i cicli stagionali e intensificano la competizione con altre specie di rapaci.

Nelle Alpi del Friuli Venezia Giulia si contano poche decine di coppie di aquile reali, monitorate principalmente attraverso censimenti degli individui e dei loro siti di nidificazione. Nel 2023, un esemplare maschio adulto è stato recuperato in condizioni critiche dagli operatori del Centro Recupero Fauna Selvatica di Fontanafredda. L’animale, soprannominato “Leonardo”, era gravemente denutrito, sottopeso e presentava lesioni significative al petto.
Il soggetto è stato immediatamente trasferito presso il Centro di Ricerca e Coordinamento per il Recupero della Fauna Selvatica del Dipartimento di Scienze Agro-Alimentari e Animali dell’Università di Udine.

Il personale veterinario, composto dal dott. Pesaro e dalla dott.ssa Baggio, ha immediatamente sottoposto l’animale agli esami clinici necessari e a un complesso percorso di recupero seguito anche grazie alla dott.ssa Perlin. Le terapie farmacologiche iniziali, seguite da una riabilitazione intensiva, hanno permesso all’esemplare di riprendersi completamente nell’arco di alcuni mesi.
Una volta ristabilito, “Leonardo” è stato dotato di un sensore GPS satellitare, mai utilizzato prima su questa specie nelle Alpi orientali.

Il dispositivo, leggero e non invasivo, consentirà ai ricercatori dell’Università di Udine di monitorare in dettaglio i movimenti e il comportamento territoriale dell’animale, fornendo dati preziosi per la conservazione della specie.

Il rilascio in natura è avvenuto presso il sito di alimentazione per rapaci nella Riserva Regionale Naturale del Lago di Cornino di Forgaria nel Friuli, gestito dalla Cooperativa Pavees. Questo luogo è stato scelto per garantire una fonte sicura di cibo nel periodo critico post-liberazione. Prima del rilascio, sono stati raccolti dati biometrici e applicato un anello metallico identificativo sulla zampa destra da Pierluigi Taiariol, inanellatore autorizzato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

L’intero intervento è stato possibile grazie a un’efficace rete di collaborazione tra enti che operano nel recupero e nella cura della fauna selvatica e al sistema di InfoFauna FVG, Web App unica in Italia, che permette di tracciare tutti gli interventi sugli animali in difficoltà nella Regione Friuli Venezia Giulia.

Questo progetto rappresenta un esempio virtuoso di cooperazione scientifica e gestionale per la tutela di una specie emblematica delle nostre Alpi.

13° Convegno ATIT

Canali artificiali, trappole mortali

Canali artificiali, trappole mortali per la fauna selvatica. I dati ‘Infofauna’

Caprioli, cervi e altre specie annegano perché non riescono a risalire le sponde di cemento. Le lame degli sgrigliatoi causano fratture e ferite

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Parassiti cardiopolmonari dello sciacallo dorato

È in corso un lavoro di estrapolazione dati riguardo ai parassiti cardiopolmonari dello sciacallo dorato (Canis aureus) in Friuli Venezia-Giulia. I dati estrapolati indicano la presenza di un parassita non previamente confermato negli sciacalli del nostro territorio, Dirofilaria immitis. Non solo, sono stati confermati anche tre casi di co-infezione con un altro parassita, Angiostrongylus vasorum, la cui presenza già confermata da tempo.

Le specie hanno sintomi simili negli ospiti, difatti, risiedono entrambe nelle arterie polmonari o nella parte destra del cuore nell’individuo che infettano, e, nel lungo andare, ne compromettono le funzioni fisiologiche. Sintomi nel canide possono variare dall’affannamento, alla tosse o, nei casi più estremi, a complicazioni cardiache.

Sebbene i casi siamo pochi e limitati ad una manciata di individui selvatici, è importante tenere sott’occhio la situazione. Sia D. immitis che A. vasorum possono infettare altre specie selvatiche, quali la volpe (Vulpes vulpes) o il lupo (Canis lupus), e possono anche essere trasmette ai cani domestici.

Studi e analisi svolte in tutt’Europa stanno osservando un aumento nei numeri di queste specie di parassiti; quindi, una infezione dello sciacallo dorato in FVG nella non era inaspettata, ma comporta comunque un dato interessante dal punto di vista accademico e sanitario.

Dato che, negli ultimi decenni, il progressivo avvicinamento della fauna selvatica ai centri urbani e nelle aree peri-urbane ha portato sempre più contatto tra esse e cani domestici, è probabile che nel tempo vedremo un aumento graduale di casi anche nei nostri amici a quattro zampe.

L’aumento degli interventi sui caprioli in difficoltà

Negli ultimi giorni si è registrato un sensibile aumento delle richieste di intervento relative a caprioli in difficoltà, soprattutto maschi.

Solo nella settimana in corso, le segnalazioni riguardanti caprioli in situazioni di rischio sono state numerose ed eterogenee: un esemplare è caduto in un canale, mentre altri quattro sono stati ritrovati all’interno di recinzioni in contesti urbani, tra cui un campo sportivo, il giardino di una scuola e un parco pubblico. Questi episodi sottolineano come l’interazione tra fauna selvatica e ambienti antropizzati possa spesso sfociare in scenari complicati sia per gli animali sia per le comunità locali.

Dal 2020 a oggi, l’InfofaunaFVG ha registrato più di 7.000 interventi su caprioli, circa il 30% dei quali riguarda attività di soccorso su animali vivi in difficoltà. I mesi di aprile e maggio si confermano i più impegnativi, con una media di oltre 200 interventi mensili. Questi dati non solo dimostrano l’incidenza elevata di tali episodi in specifici periodi dell’anno, ma evidenziano anche l’importanza di una gestione attenta e preparata.

*Fonte: InfoFaunaFVG - Dati sulle attività di soccorso su caprioli, ritrovati in difficoltà o morti sul territorio regionale, dal 2020 ad oggi

Tuttavia, nonostante gli sforzi, non tutti gli interventi di soccorso vanno a buon fine. I caprioli, essendo animali estremamente suscettibili allo stress, possono subire gravi conseguenze fisiche fino alla morte a causa del forte stress subìto durante le attività di recupero. È per questo motivo che si raccomanda vivamente di non tentare di catturare o avvicinarsi a un animale in difficoltà, ma di contattare immediatamente i servizi di recupero specializzati. L’intervento tempestivo di personale esperto è fondamentale per minimizzare i fattori stressanti e aumentare le probabilità di un esito positivo.

Un ringraziamento speciale va al Corpo Forestale Regionale e alle ditte specializzate nel recupero della fauna, così come ai centri di recupero che mettono a disposizione le loro risorse e competenze in queste delicate operazioni di soccorso. L’impegno e la dedizione di questi professionisti sono essenziali per garantire il benessere degli animali e la sicurezza delle nostre comunità.

Intervento su cervo

In Italia, la coesistenza tra infrastrutture umane e fauna selvatica rappresenta una sfida continua per la biodiversità. Spesso si pensa che l’impatto negativo delle infrastrutture si limiti agli incidenti stradali o ferroviari, o agli ostacoli posti da strutture energetiche come i campi eolici e gli elettrodotti. Tuttavia, un elemento altrettanto critico è rappresentato dalla rete idrica superficiale, come canali e invasi, che può incidere significativamente sulla vita degli animali, soprattutto dei mammiferi.

Gli incidenti legati a queste strutture possono causare agli animali lesioni che vanno da semplici abrasioni a gravi traumi o annegamenti con esiti infausti. In questo contesto, l’attività del personale veterinario specializzato diventa cruciale per prevenire e mitigare tali eventi. Questi professionisti sono spesso chiamati a intervenire per il recupero degli animali in difficoltà, utilizzando tecniche come la telenarcosi per la cattura e la stabilizzazione, fino alla meno auspicata somministrazione di farmaci per il fine vita.

Un esempio recente di tale intervento è stato documentato a Ronchi dei Legionari, in provincia di Gorizia, dove un cervo maschio del peso di circa 140 kg è finito in un canale di bonifica. Il recupero è stato effettuato grazie all’azione congiunta del Corpo dei Vigili del Fuoco e del personale del Corpo Forestale Regionale del Friuli Venezia Giulia. Fortunatamente, a parte un generale affaticamento e ipotermia, il cervo non presentava lesioni gravi. Dopo il salvataggio, l’animale è stato rilasciato in un’area protetta del Carso Goriziano, dimostrando l’efficacia e l’importanza delle operazioni di salvataggio per la conservazione della fauna selvatica.

Questi episodi evidenziano la necessità di una maggiore consapevolezza e di azioni concrete per proteggere gli animali selvatici dall’impatto delle infrastrutture umane, garantendo così la coesistenza armonica tra uomo e natura.

Intervento su stambecco

Gli interventi veterinari sulla fauna a vita libera a seguito di alterazioni patologiche non legate all’azione dell’uomo possono essere sempre molto delicati. La scelta di effettuare un intervento, quindi, va accuratamente vagliata a seguito della possibile interferenza che esso può avere sui normali equilibri naturali.
In questo video è documentato un intervento su uno stambecco a causa di un accrescimento alterato del corno, svolto dal personale del Centro dell’Ateneo di Udine in collaborazione con il personale del Corpo Forestale Regionale e del Parco delle Dolomiti Friulane.

In questo caso la decisione di intervenire è avvenuta considerando le possibili sofferenze che l’alterazione avrebbe potuto causare all’animale, e che verosimilmente lo avrebbe portato alla morte, e l’eziologia (causa) non genetica di tale alterazione, ma traumatica, quindi non trasmissibile.
Il corno è stato resecato con una lama circolare, mentre l’animale era adeguatamente sedato attraverso la teleanestesia. I parametri fisiologici dell’animale sono stati monitorati durante tutta la fase di immobilizzazione. Al termine del taglio e della medicazione, il maschio di stambecco è stato quindi immediatamente risvegliato e osservato, garantendo un completo recupero.

Attività di recupero della fauna 2023

Report annuale sulle attività di recupero della fauna ritrovata morta o in difficoltà sul territorio regionale.

Salvata giovane femmina di stambecco

Udine, 27 giugno 2023 – Un giovane femmina di stambecco è stata salvata ieri, 26 giugno, sul Monte Canin, nelle Alpi Giulie del Friuli Venezia Giulia, da una corda in materiale plastico lunga circa due metri annodata al collo. A intervenire sul posto sono stati gli esperti del Centro di ricerca e coordinamento per il recupero della fauna selvatica del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine e le guardie del Corpo forestale regionale della Stazione di Pontebba.

Il salvataggio
L’animale avanzava con difficoltà, incastrandosi sugli spuntoni di roccia. La situazione di pericolo è stata avvistata dai gestori del rifugio Gilberti che hanno subito allertato il Corpo forestale regionale del Friuli Venezia Giulia. L’intervento, non senza rischi, si è svolto sulle balze rocciose nella conca retrostante il rifugio a quasi 2000 metri di altezza. È durato circa due ore per garantire una cattura in sicurezza dell’animale con l’utilizzo della telenarcosi. La femmina, dell’età stimata di tre anni, fa parte della colonia del Parco regionale delle Prealpi Giulie costituita da circa 100-150 esemplari.

Specie a rischio
La specie, reintrodotta in Friuli Venezia Giulia negli anni ’90, è parte dei 7/8000 soggetti presenti nell’arco alpino italiano. Lo stambecco (Capra ibex) è attualmente minacciato dalla scarsa variabilità genetica. La specie infatti è frutto della tutela di soli 50 esemplari preservati nel 1800 da re Vittorio Emanuele II all’interno dell’area dell’odierno Parco del Gran Paradiso. Ma all’inizio degli anni 2000, il parassita denominato “acaro della rogna” ha decimato la popolazione delle Alpi orientali del Friuli Venezia Giulia e del Veneto con centinaia di morti in pochi anni.

 

Accertamenti e rientro in salute nel gruppo

Dopo la cattura e l’asportazione del cappio, la giovane femmina è stata visitata per accertare l’assenza di lesioni al collo. Confermato il suo buono stato di salute è stato inoltre campionato del sangue per valutare il benessere della colonia di appartenenza. Il sangue sarà esaminato dall’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie. Al termine dell’intervento lo stambecco è immediatamente rientrato a far parte di un gruppo di femmine e cuccioli dell’anno e monitorato per un paio di ore, periodo nel quale ha dimostrato il suo pieno recupero.

Collaborazione
Il tempestivo ed efficace intervento è stato reso possibile grazie alla sinergia dei diversi enti regionali che collaborano con il Centro di ricerca e coordinamento per il recupero della fauna selvatica dell’Ateneo friulano. In questo caso, dalla collaborazione tra il personale veterinario del Centro e il Corpo forestale regionale di Pontebba. Per l’Università di Udine ha partecipato il gruppo coordinato da Stefano Pesaro e composto da Isabella Perlin, Francesca Baradel e Sofia Rebucci. Per la Stazione di Pontebba della forestale regionale, le guardie Francesca Di Lena, Massimo Ragonase e Filippo Chiavone.

76° Convegno Sisvet